Sebastiano Brusco - Un decalogo per scrivere, citare, e fare tabelle

1. L'enfasi
In uno scritto scientifico, tendenzialmente, non si enfatizzano né parole né frasi.

Lo scrivere in maiuscolo non è il modo giusto di enfatizzare alcunché. Anzi, non si scrive mai in maiuscolo.

Il sottolineare, o il mettere tra virgolette, non è il modo di enfatizzare.

Per tradizione dei tipografi, la sottolineatura nella scrittura a macchina equivale al corsivo nella stampa. Si possono quindi dedurre le regole d'uso della sottolineatura studiando il modo in cui un buon editore usa il corsivo. E' usanza diffusa quella di sottolineare le parole straniere (e tra queste, naturalmente, sono incluse quelle in latino).

Si mettono tra virgolette le parole il cui significato è presumibilmente ignoto al lettore: se così è, della parola, o della locuzione, che è stata scritta tra virgolette, occorre spiegare il significato. In una relazione, una parola che deve essere scritta tra virgolette, può essere usata dopo la prima volta, in occasione della quale è stata spiegata, senza virgolette.

2. I motti di spirito
La regola fondamentale è che le relazioni, i papers o la tesi di uno studente devono essere, stilisticamente, sintatticamente, lessicalmente di basso profilo. Il colore giusto è il grigio, non il giallo o il rosso.

Gli ammiccamenti, le metafore ardite, i motti di spirito sono rigorosamente riservati ai premi Nobel.

3. Chi è l'io narrante
In un paper non si usa né la prima persona singolare ("io ritengo che ..."), né il plurale maiestatis. Il verbo che regge l'esposizione, o le conclusioni o i giudizi, deve essere sempre rigorosamente impersonale ("sembra pertanto ragionevole concludere che ...", "l'opinione del tale può offrire il fianco ad alcune considerazioni critiche...", e così via).

L'impersonale io narrante ama l'understatement, e ne fa grandissimo uso.

Non dirà mai "questa tesi è sbagliata", ma "sembra quindi che molte obiezioni che sono state proposte contro questa tesi abbiano almeno un minimo di fondamento".

4. Gli articoli e i grandi economisti
Nel linguaggio del sindacato e dei partiti della sinistra (ma forse anche negli altri), le donne vengono chiamate con il nome, e gli uomini per cognome. Si dirà quindi "la Paola è in riunione", ma "Guerzoni ritorna alle nove". Niente di simile deve accadere quando si citano i grandi economisti. Se si scrive "la Penrose" o "la Luxenburg" occorre scrivere "lo Schumpeter" e "il Marx". In linea di massima è preferibile non usare mai l'articolo.

5. I numeri
Tutti i numeri piccoli si scrivono in lettere. Non si scrive mai "Ci sono 3 teorie", ma "Ci sono tre teorie". Ciascuno può fissare il proprio limite superiore dove vuole. Taluni lo fissano a venti, altri a cento. Il limite. una volta fissato, va rispettato in tutto il testo.

Si scrive "gli anni cinquanta", o "gli anni Cinquanta". Non si scrive "gli anni '50", né "gli anni 1950". E, naturalmente, in tutto il testo si scrive sempre nello stesso modo.

6. La paratassi
I periodi brevi sono migliori dei periodi lunghi. Tendenzialmente, nessun periodo deve essere più lungo di cinque righe. Questa regola può costringere a ripetizioni: ma le ripetizioni sono un male assai meno grave di quanto di solito si pensa. Spesso possono essere gradevoli.

I livelli di gerarchia che un lettore può tenere presente mentre legge sono al massimo quattro: le parti, i capitoli, i paragrafi, i sottoparagrafi. Ma tre livelli sono di gran lunga preferibili a quattro. Ciò comporta che spesso una gerarchia ipotattica viene mascherata da una paratassi di enumerazione o di classificazione: ed è questo, appunto, che bisogna fare per essere più comprensibili.

7. Quali caratteri usare nei titoli dei capitoli e dei paragrafi
Tutti i titoli dei paragrafi devono essere scritti con gli stessi caratteri. La regola vale anche per tutti i titoli dei capitoli.

Se in un paragrafo i sostantivi sono preceduti dall'articolo, l'articolo va usato in tutti i paragrafi. La regola vale anche per i capitoli.

Se il titolo di un paragrafo finisce con un punto fermo, così dev'essere di tutti i paragrafi.

8. Gli spazi bianchi tra i titoli
Qualunque titolo deve stare più vicino al testo di cui è titolo che al testo che lo precede. Questo vale per i capitoli, per i paragrafi, e, eventualmente, per i sottoparagrafi.

Di questa regola occorre tener massimo conto nella stesura dell'indice.

9. Le tabelle
Sono elementi essenziali di una tabella il titolo, la matrice dei numeri con i titoli delle colonne e delle righe, e la fonte. Se uno dei tre elementi manca, la tabella è sbagliata.

Per i titoli delle tabelle valgono le stesse regole di cui si è detto per i paragrafi e per i capitoli.

I caratteri usati per scrivere il titolo e la fonte devono essere uguali in tutte le tabelle.

I titoli delle tabelle, se devono essere precisi, non si limiteranno a dare una indicazione di quale sia il contenuto della tabella ma riporteranno dapprima il nome della variabile indicata nelle caselle e poi il nome delle variabili indicate nelle righe e nelle colonne. Si dirà quindi non "La natura giuridica e la dimensione delle imprese" ma "Le imprese per natura giuridica e per classe di dimensione". Se in una tabella la prima variabile citata dopo quella iniziale è la variabile riportata sulle colonne, e la seconda quella riportata sulle righe, così deve essere in tutte le altre tabelle.

10. Ancora sulle tabelle
Le tabelle pongono anche altri problemi tipografici. Una maniera di risolvere questi problemi è quella adottata nella tabella riportata qui di seguito, che è più complicata di una tabella normale.

Tavola 3 - Imprese conto proprio - I canali distributivi per classi di addetti e per regione, 1993

Lombardia Veneto Emilia
Romagna
Toscana Umbria Marche Puglia Molise Campania Totale
% grande
dist. e
ingrosso
imprese <20
52.4 57.1 67.1 80.7 27.1 57.4 66.2 81.4 63.3 63.2
imprese >250
18.8 16.5 2.4 53.4 10.1 0.0 0.0 10.0 31.0* 13.3
% dettaglio
e franchising
imprese <20
35.5 37.6 27.8 19.1 69.5 30.3 21.7 16.3 35.1 30.0
imprese >250
80.9 85.5 97.6 45.5 89.9 100.0 100.0 90.0 51.5* 86.6
*In Campania non vi sono imprese con più di 250 addetti. Il dato riportato è quello relativo alle imprese da 100 a 249 addetti.
Fonte: Osservatorio nazionale del settore tessile abbigliamento e calzature SISSMA srl/R&I srl

Si possono notare una serie di punti.
Il titolo della tabella è scritto in grassetto.

Le intestazioni delle righe e delle colonne sono scritte in corsivo, mentre i numeri contenuti nella matrice sono scritti in tondo.

I fili del bordo e delle caselle interne sono singoli (cioè non doppi, né tantomeno ombreggiati) e sono il più sottile possibile.

Le eventuali note sono scritte in tondo, immediatamente a ridosso del bordo inferiore.

La fonte è scritta in corsivo, separata da un'interlinea vuota dalle note.

Si noti che la tabella è tutta scritta in corpo 10, mentre il testo in cui la tabella era riportata era scritta in corpo 12.

Si noti ancora che il titolo è definito come Titolo 2 , così che, se tutte le tabelle sono scritte di seguito, è possibile avere una lista ed un indice delle tabelle.

11. Ancora sulle tabelle
Le tabelle, quando sono più di una, pongono anche altri problemi.

Si supponga di avere delle tabelle che misurano gli abitanti dei comuni italiani distinguendoli per sesso, per dimensione dei comuni, per circoscrizione territoriale, e per altimetria dei comuni.

Se si decide di mettere la variabile sesso sulle colonne, occorrerà che le tre colonne "Maschi", "Femmine", "Totale" siano sempre nello stesso ordine. La stessa cosa vale per le modalità sulle colonne. Se la prima volta si usa la sequenza "Comuni piccoli", "Comuni medi", "Comuni grandi", anche le altre volte la sequenza deve essere la stessa. Sarebbe sgradevole avere le tre modalità che mutano di ordine da tabella a tabella.

Inoltre, se si decide di mettere la variabile sesso sulle colonne, essa va messa sulle colonne in tutte le tabelle. Avremo quindi :
Tav. 1 I cittadini italiani per sesso e per circoscrizione geografica
Tav. 2 I cittadini italiani per sesso e per dimensione dei comuni
Tav. 3 I cittadini italiani per sesso e per altitudine dei comuni

Infine, se nello stesso saggio si studiano i redditi calcolandoli per le stesse variabili, nel paragrafo successivo occorrerà ripetere la sequenza :
Tav. 1 I redditi per sesso e per circoscrizione geografica
Tav. 2 I redditi per sesso e per dimensione dei comuni
Tav. 3 I redditi per sesso e per altitudine dei comuni

Sarebbe sgradevole, anche in questo caso, seguire un ordine diverso da quello seguito nel primo paragrafo.

12. Opus citatum, confronta, pagina, passim
"Wicksell, K., op. cit., p. 12", scritto in una nota, rimanda alla pagina dodici dell'opera di Wicksell citata per ultima, dall'autore del testo, nelle note precedenti a quella considerata. Un "Wicksell, K., op. cit." può essere preceduto da un altro "Wicksell, K., op. cit.,": risalendo lungo le note dovrà però incontrarsi una citazione completa. Ed è appunto alla prima citazione completa che i due op. cit. si riferiscono.

"Confronta" si abbrevia in "cfr." e significa "E' possibile accertare che quanto è scritto nel testo corrisponde a quanto dice il tale autore se si legge una certa opera, che è quella citata, alle pagine citate".
"Pagina" si abbrevia in "p.", e "pagine" in "pp.". Usare altre abbreviazioni, come "pag.", o "pg.", o "pagg." denota grande fantasia e scarsa professionalità.

"Cfr. Wicksell, K., Valore, capitale e rendita, Milano, Isedi, 1965, passim" significa "In Valore, capitale e rendita di Knut Wicksell vi sono vari passi, qui e là per il volume, che confermano ciò che vado dicendo". Per questa ragione rimandare a Il Capitale di Marx, che ha circa tremila pagine, con l'indicazione "passim" è non solo inutile ma anche ridicolo. Al "passim" è sempre preferibile la citazione puntuale delle pagine.

13. Citazioni e convenzioni
Il modo in cui si citano le opere alle quali si fa riferimento nel testo è fissato, fondamentalmente, da convenzioni decise dalla corporazione di cui si fa parte.
E', utile, tuttavia, distinguere due problemi.

Il primo problema ha a che fare con le informazioni che devono essere contenute nella citazione. In linea di massima queste indicazioni sono le seguenti: il cognome e il nome dell'autore dell'opera citata, il titolo del volume o del saggio, il titolo della rivista che include il saggio (se si tratta di un articolo e non di un libro), il luogo di edizione, l'editore, e l'anno di pubblicazione (o il numero della rivista su cui il saggio è stato pubblicato). Il non fornire una di queste informazioni rende più difficile, al lettore, controllare la correttezza della citazione, e, in questa misura, può essere considerato un operare scorretto. Addirittura, convenzioni che non prevedano tutte queste informazioni inducono a pensare che la corporazione responsabile della convenzione preferisce favorire l'autore, che scrive citazioni più semplici, rispetto al lettore, che avrà maggiori difficoltà nel controllare la citazione. Insomma, le informazioni sopra elencate devono essere sempre riportare in una citazione.

Il secondo problema ha a che fare col modo in cui le informazioni sopra elencate vengono scritte nel manoscritto, o nel saggio o nel volume pubblicato. Qui la latitudine della scelta è, in linea di massima, molto più ampia. Alcune corporazioni hanno regole assai precisamente definite, il mancato rispetto delle quali discrimina, anche ad una lettura affrettata, il dilettante dal professionista. Così accade, per esempio, per la corporazione dei giuristi italiani.

In altri casi vi è maggiore flessibilità, ed è questo il caso degli economisti.

Se il saggio, o il volume, è destinato alla pubblicazione, la regola aurea è di seguire le regole fissate dall'editore. Occorre tener presente che spesso le riviste hanno regole diverse, e che gli editori possono avere regole diverse da collana a collana. Alcuni editori, come per esempio in Italia Franco Angeli, non fissano regole di sorta: ed è per questo che essi devono essere considerati non editori, ma semplici stampatori, tipografi. Le case editrici autorevoli, come Einaudi o Boringhieri, hanno uno staff di redattori che controlla appunto che le regole date vengano rispettate.

Se il saggio, o il volume, non deve essere pubblicato (ed è questo il caso delle tesi di laurea o di dottorato), lo spazio di discrezionalità è molto più ampio. Ognuno può scegliere la convenzione che preferisce. L'importante è che venga scelta una convenzione autorevole, e che venga rigorosamente rispettata in tutte le citazioni. Eco riporta quattro citazioni autorevoli, ma ognuno può scegliersi quella che gli è più conveniente analizzando con attenzione il modo in cui vengono fatte le citazioni in riviste o in collane di prestigio. Ed il lettore avvertito capirà immediatamente, scorrendo una tesi o un saggio, se l'autore ha seguito regole che hanno qualche autorevolezza, o se ha proceduto senza guida. Per esempio una citazione in cui il titolo di un libro sia scritto tra virgolette, e tutto in lettere maiuscole, denuncerà a prima vista la non appartenenza alla comunità di ricerca alla quale l'autore vorrebbe appartenere.

14. Due modi frequenti, tra gli economisti, di scrivere le citazioni
Le citazioni solitamente usate dagli economisti, che hanno come riferimento gli usi del mondo anglosassone, sono due. Esse sono descritte nei punti che seguono. (Le uniche citazioni di cui si parla, qui di seguito, sono quelle più comuni e più facili: in particolare quelle da volumi scritti da uno o più autori citati nel frontespizio, e quelle da articoli pubblicati su riviste. Se si tratta di citare un volume di cui è responsabile un ente, per esempio la relazione annuale della Banca d'Italia o un documento del Ministero del Bilancio, le cose si fanno più complicate, e conviene chiedere aiuto ad un esperto. Un bibliotecario, di solito, sa esattamente come fare).

Un modo di citare un libro è questo: "Paci, Massimo, Mercato del lavoro e classi sociali in Italia, Bologna, Il Mulino, 1973.". Come si vede, la regola è:
cognome dell'autore, seguito da una virgola;
nome dell'autore, seguito da una virgola;
titolo del libro, scritto in corsivo o sottolineato, seguito da una virgola;
luogo di edizione, seguito da una virgola;
editore, seguito da una virgola;
anno di edizione, seguito da un punto, o non seguito da un punto (ma occorre fare sempre allo stesso modo).

Seguendo questo stile, un articolo si cita così: "Napoleoni, Claudio, "Capitalismo, tre questioni centrali", in Economia e politica industriale, settembre 1989, pp.3-10.". Come si vede, la regola è:
cognome dell'autore, seguito da una virgola;
nome dell'autore, seguito da una virgola;
titolo dell'articolo, tra virgolette, seguito da una virgola;
nome della rivista, in corsivo o sottolineato, seguito da una virgola;
mese ed anno di pubblicazione, seguiti da una virgola;
il numero delle pagine in cui è contenuto l'articolo, seguito - o non seguito - da un punto.

Un altro modo di citare un libro è questo: "Paci, Massimo, 1973, Mercato del lavoro e classi sociali in Italia, Bologna, Il Mulino.". La citazione di un articolo segue la stessa logica: "Napoleoni, Claudio, 1989, "Capitalismo, tre questioni centrali", in Economia e politica industriale, settembre 1989, pp.3-10." Come si vede, questo modo di citare è molto simile al precedente, salvo che la data di edizione va subito dopo il nome dell'autore.

Il primo stile di citazione viene usato nelle note a piè di pagina, nelle note raccolte alla fine del capitolo o del volume, e nella bibliografia. In questo caso le citazioni vengono richiamate da una nota, indicata con un numero, contenuta nel testo.

Nel secondo stile le citazioni vengono richiamate da una citazione abbreviata contenuta nel testo o in una nota. Questa citazione abbreviata si scrive tra parentesi ed ha la forma: "(Paci, 1973, p.xy)" o "(Napoleoni, 1989, p.xy)". In questo caso tutte le opere citate, descritte da una citazione completa, vengono elencate una sola volta alla fine del saggio o del volume.

[Ultimo aggiornamento: 27/08/2012 17:52:57]